Segreto medico
Solo il paziente può consentire al medico di levare il vincolo del segreto professionale. L’assenso è valido solo se fornito in modo libero, senza pressioni di alcun genere e valutato sulla base del principio di proporzionalità. Il segreto medico può quindi essere levato soltanto per alcune informazioni utili al raggiungimento degli obiettivi per i quali è stato concesso il consenso.
In generale, il segreto medico va inteso come dovere di confidenzialità al quale sono tenute tutte le persone che prestano cure, ma anche altri attori del settore sanitario. In senso stretto, si tratta dell’obbligo specifico di discrezione che grava segnatamente sui membri delle professioni sanitarie (medici, dentisti, farmacisti, levatrici) e sui loro ausiliari in virtù dell’articolo 3211 del Codice penale1.
In linea di principio, il consenso alla comunicazione di informazioni dato dal paziente a un terzo può riguardare solo i fatti di cui era a conoscenza e dovrebbe limitarsi a un oggetto determinato. Un paziente che permettesse la rivelazione di segreti per il presente e il futuro, e il cui consenso fosse così ampio da implicare una rinuncia totale all’intimità, agirebbe contro la morale. Il diritto all’intimità rientra nel diritto della personalità ed è quindi inalienabile. Un consenso generale, senza precisazione dell’oggetto o del destinatario delle informazioni rivelate, non libera dal segreto, poiché si tratta di un impegno eccessivo (cfr. Schaffner, «L’autorisation de révéler un secret professionnel», Losanna, 1952, pag. 34; cfr. Rampini Corrado, «Commentaire bâlois sur la Loi fédérale sur la protection des données», 2a edizione, Basilea, Ginevra, Monaco, 2006).
Considerata la dipendenza economica e giuridica del dipendente nei confronti del datore di lavoro, in materia di relazioni professionali il consenso dato dal lavoratore deve essere valutato secondo criteri particolarmente severi. Secondo la dottrina maggiormente accettata, il consenso del lavoratore non autorizza il datore di lavoro ad andare oltre quanto permesso dall’articolo 328b CO4, essendo quest’ultimo di carattere relativamente imperativo, ovvero derogabile unicamente in favore del lavoratore (cfr. art. 362 CO)..
Da queste fonti si trae la chiara conclusione che ci vuole un rischio reale affinché il datore di lavoro possa effettuare test sistematici. I diversi articoli insistono sulla proporzionalità tra pericolo reale e violazione della personalità del lavoratore, e sono tutti alquanto restrittivi riguardo alla plausibilità di controlli sul posto di lavoro.
(1)«Gli ecclesiastici, gli avvocati, i difensori, i notai, i consulenti in brevetti, i revisori tenuti al segreto professionale in virtù del Codice delle obbligazioni, i medici, i dentisti, i chiropratici, i farmacisti, le levatrici, gli psicologi, come pure gli ausiliari di questi professionisti, che rivelano segreti a loro confidati per ragione della loro professione o di cui hanno avuto notizia nell’esercizio della medesima sono puniti, a querela di parte, con una pena detentiva sino a tre anni o con una pena pecuniaria.
Sono parimente puniti gli studenti che rivelano un segreto di cui hanno avuto notizia nel corso dei loro studi.
La rivelazione del segreto è punibile anche dopo la cessazione dell’esercizio della professione o dopo la fine degli studi.»
Cpv. 2: «La rivelazione non è punibile, quando sia fatta col consenso dell’interessato o con l’autorizzazione scritta data, a richiesta di chi detiene il segreto, dall’autorità superiore o dall’autorità di vigilanza».
al. 3 «Demeurent réservées les dispositions de la législation fédérale et cantonale statuant une obligation de renseigner une autorité ou de témoigner en justice».
Cpv. 3: «Rimangono riservate le disposizioni della legislazione federale e cantonale sull’obbligo di dare informazioni all’autorità o di testimoniare in giudizio».
2 «Una lesione della personalità è illecita se non è giustificata dal consenso della persona lesa, da un interesse preponderante privato o pubblico o dalla legge.»
3 «Nessuno può alienare la propria libertà, né assoggettarsi nell’uso della medesima ad una limitazione incompatibile col diritto o con la morale.»
4 «Il datore di lavoro può trattare dati concernenti il lavoratore soltanto in quanto si riferiscano all’idoneità lavorativa o siano necessari all’esecuzione del contratto di lavoro. Inoltre, sono applicabili le disposizioni della legge federale del 19 giugno 1992 sulla protezione dei dati.»